Dove c’è Home-Restaurant c’è casa: è così che potrebbe dirsi riguardo al successo di questo fenomeno culinario arrivato in Italia da pochi anni e consacrato a furor di popolo nel 2015, grazie all’interesse dei media nei confronti del primo Home Restaurant romano “Da Mik e Dani” e verso i meccanismi alla base di alcune piattaforme di social eating quali Gnammo, New Gusto, Cene Romane e dulcis in fundo Viz-Eat, il social network sbarcato in Italia per Expò. A essere protagonista, però, non è la propria bella dimora in cui si sta sempre bene al calduccio, ma la casa di un estraneo apparente, di qualcuno che potrebbe stupirci in un secondo o indurci a bocciare definitivamente gli home restaurant; qualcuno che abbia frequentato la nostra stessa università, sia del segno del cancro e ami viaggiare oppure qualcuno che abbia i capelli blu, che faccia colazione con Don Perignon e mangi giapponese sei giorni su sette. Quello che c’è della nostra casa, invece, è: il gusto inalterato dei piatti, la sostenibile leggerezza delle conversazioni familiari e del percorso che porta dalla tavola al divano e viceversa. Gli Home Restaurant non sono un’invenzione eccezionale. Infondo sono sempre esistiti. Giu’ in Calabria, in quel di Crotone, il Salotto-Home Restaurant c’è da sempre e occupa il suo posto nel mondo con un’atmosfera intima durante l’inverno e il suo stile shabby-chic all’aperto nei mesi piu’ caldi. Prima ancora di apprendere che il primo Home Restaurant sia nato in America, noi eravamo lì ad ospitare gli amici degli amici e a farli innamorare dei nostri banchetti. Quello che è eccezionale, d’altra parte, è la riscoperta dell’alto valore sociale derivante dalle cene in compagnia. Non è piu’ importante innalzare il proprio status andando al ristorante quattro volte al mese, bensì vivere delle vere esperienze di gusto in location sempre diverse e mai asettiche, in cui, come per magia, i camerieri possono diventare ospiti e questi ultimi possono prendere le redini della serata raccontando aneddoti sul cibo e creando uno scambio che è sempre fonte di conoscenza e di ricchezza. In Italia, tuttavia, i sogni hanno la durata di un battito di ciglia e in questi mesi gli Home Restaurant hanno ricevuto diverse critiche da parte degli operatori del settore, i quali non hanno esitato ad osteggiare questa tendenza che, secondo loro, adotterebbe meccanismi concorrenziali illegali.
Perché, dunque, fare la guerra agli Home Restaurant? Forse perché, complice la crisi, i locali hanno perso la loro lucentezza dovuta alla nomea di “posto piu’ affollato il sabato sera”? Oppure non si riesce ad accettare che, non è per sentito dire, ma davvero la gente desidera mangiare bene?
Quello che sicuramente non va bene, piuttosto, sono questa continua caccia alle streghe e alle tasse. Perché in Italia l’innovazione deve fare rima con evasione fiscale? Uber ha fregato i taxi e ora gli Home Restaurant vogliono fregare i ristoranti.
Il Bel Paese fa fatica ad adeguarsi alla sharing economy e a questi nuovi stili di vita che fanno girare l’economia e che prevedono lo scambio di esperienze come filo conduttore del servizio offerto.
Non prendetevela con gli Home Restaurant per tre cene al mese e quattro chiacchiere in compagnia, perché nessuno vuole dimezzare la clientela fissa dei tavoli a lume di candela al ristorante o delle pizzate con gli amici al locale del quartiere. E’ giusto disciplinarli dal punto di vista legale e fiscale, tenendo sempre conto delle opportune differenze con gli altri soggetti dell’ambito food. Sì, quindi, alle ricevute rilasciate, ai compensi dichiarati e ai certificati sanitari; no a questa ipotetica concorrenza sleale che si verrebbe a creare in due ambientazioni che per forma e contenuti regalano momenti di svago ben differenti. Il mercato cambia, le passioni si evolvono per fortuna e quello che, a mio avviso, bisognerebbe fare, è cercare allora delle collaborazioni nel food e beverage, che consentano di avere un’offerta diversa di quello che si vuole fare nel proprio tempo libero. L’Onerevole Minardo fornisce la soluzione con la proposta di legge “Disciplina dell’attività di Home Restaurant” presentata il 29 luglio 2015 e che va a integrare il disegno di legge mai discusso del 2014, definendo con precisione: i requisiti da possedere per avviare l’attività, le certificazioni sanitarie da acquisire e il confine tra attività saltuaria e non. Una proposta semplice e precisa, poiché se approvata, ci metterebbe in pari finalmente agli altri paesi del mondo (Cuba ha iniziato a regolarli dagli anni 90’) e ci consentirebbe di diventare quasi un expo permanente del cibo.
Si pensi ai turisti nelle case degli italiani ad assaporare venti cucine tipiche diverse. In un paese come l’Italia, conosciuto di questi tempi “solo” per il cibo, una legge del genere sarebbe quasi obbligatoria!